“….PARLIAMO ANCORA DI RALLY ALL'ELBA….”

 

Mi chiamo Andrea Quercioli, scrivo da Follonica, sono un praticante rallysta da ormai 11 anni, ma da ben più anni, per la precisione dal lontano 1989, sono uno dei tanti appassionati malati di “elbite acuta”, quella sorta di malattia dovuta all’amore per questa fantastica isola ed il suo mitico rally. Forse è bene spiegare come mai io sia così attaccato al rally dell’Elba. Il primo Elba che vidi fu nel 1989. In quegli anni a cavallo tra gli ottanta ed i novanta, allora ero tredicenne, mio padre mi scarrozzava a vedere i rally della zona nostra, e anche un po’ più lontani (ad esempio ebbe il coraggio di portarmi in Sardegna a vedere il Costa Smeralda allora valido per il Campionato Europeo). Non ricordo bene se quella volta la decisione di andare a vedere l’Elba fu sua o mia, fatto sta che quel Sabato 19 Maggio del 1989 presi la nave per Portoferraio con una strana sensazione di curiosità per il fatto di andare a vedere un rally in un’isola che praticamente non conoscevo poichè c’ero stato soltanto qualche volta quando ero poco più che lattante. Quell’anno il rally era tutto su asfalto ed aveva anche un basso coefficiente di validità per il C.I.R. (Campionato Italiano Rally), per cui il parco dei partecipanti era prevalentemente costituito da piloti privati con macchine adatte a puntare all’assoluta. A quel tempo non facevamo programmi faraonici per vedere le gare, per cui, dopo essere stati a Marina di Campo a vedere la preparazione del parco partenza, ce ne andammo a dormire a Procchio in una casa prestataci da un collega di lavoro di mio padre. Quella notte non chiudemmo quasi occhio, perché per tutta la notte le macchine rombarono vicino casa nostra, dove si intersecavano molti tratti di trasferimento. Ci alzammo ancora col buio (saranno state le quattro del mattino) ed andammo sul Volterraio. A quel tempo, non essendo io ancora pratico delle strade isolane, era mio padre a decidere quali prove andare a vedere e dove; già tempo prima, mi aveva detto: “Se fanno il Volterraio andiamo lì, che è una stradina tremenda”. Di quell’alba di Maggio sul Volterraio ricordo il fresco della mattina, i primi raggi di sole che facevano capolino dietro ai monti che sovrastano la stretta gola che scende verso Portoferraio, il rumore lontano dei bolidi che sfrecciavano in trasferimento in qualche punto chissà dove nell’Isola, e poi il silenzio dell’alba interrotto soltanto dal cinguettio degli uccelli, mentre progressivamente emergeva dalla terra il caratteristico odore della macchia isolana che spesso già cominci a sentire quando sei ancora sulla nave. A una certo punto cominciammo a sentire il rombo che scendeva a tutta verso di noi, il rumore che rimbombava nella gola rocciosa. Poi, dietro una curva, comparve Zanussi con la Peugeot 405 ufficiale, che ci sfrecciò davanti incurante della ripida discesa. Fu l’inizio dell’amore con l’isola, le sue stradine, il suo fantastico rally. Dall’anno dopo, con la reintroduzione delle prove sterrate ed il ritorno nel giro dei rally che contavano, l’Elba divenne un appuntamento costante ed irrinunciabile. Progressivamente, per scovare le varie strade su cui passava il rally, cominciai a scoprire gli angoli più belli dell’isola, quei panorami caratterizzati da sparuti gruppi di pini circondati da estesi versanti di macchia punteggiata dal giallo delle ginestre. E progressivamente il rally divenne per me sempre più lungo, perché ogni anno arrivavamo prima: una volta arrivammo il giorno delle verifiche, la volta dopo il giorno ancora prima, per finire nel ’93 quando andammo addirittura una settimana prima. Insomma, non era solo il rally, ma l’insieme della gara e della cornice ambientale in cui si svolgeva che, puntualmente, a Maggio, ci stimolava ad andare di là dal mare dove era già praticamente estate. Ed ogni anno, quando prendevo la nave per tornare a Piombino, salutavo l’Elba dicendomi che, quando fossi stato grande, anch’io avrei corso sicuramente lo “Scassamacchine”, anch’io sarei andato a prendere le note con un muletto “ricoperto di fanali”, sui tornanti della Falconaia o sulla discesa del Monte Perone. E quando tornavo a casa, cominciava il sogno, che durava bene o male fino all’anno dopo, quando sarei ritornato a vedere le macchine riempirci di polvere ai ponticelli del Calamita, od accecarci con i fanali sulla scesa del Volterraio. Malgrado il maledetto stop imposto alla vita del rally nel 1994 (purtroppo uno dei tanti), quel sogno si avverò per me qualche anno dopo, quando, nell’Aprile del 1997, scesi dalla nave sul molo di Portoferraio con un muletto “ricoperto di fanali” ed un’auto da rally su un carrello al seguito…… Se alla passione per i rally ho dedicato buona parte della mia vita, dei miei soldi e del mio tempo, prima come appassionato e poi come pilota, il rally dell’isola d’Elba ha sempre avuto un posto privilegiato nel mio cuore. Tuttora che purtroppo viviamo solo di ricordi vissuti a bordo strada o su una macchina, quello spazio nel mio cuore è sempre lì, pronto a farsi rioccupare a pieno dal rally, se un giorno qualche voce finalmente si avvererà. Oggi che all’Elba ho anche una casa, tutte le volte che vengo sull’isola durante l’anno, ho sempre qualcuno con cui ricordare quei tempi, con cui sognare il giorno che squillerà il telefono e dall’altra parte qualcuno mi dirà che il rally è tornato, che questa volta non è uno scherzo. Per questo dico a chi porta nel cuore l’idea di riportare in vita la gara: “lavorate sodo, come avete sempre fatto, contro tutte le peripezie anche imposte dai poteri forti, perché l’isola privata del suo rally è un corpo senza un suo elemento vitale”.

Andrea Quercioli, Follonica (GR) E-mail

 

Un forte ringraziamento ad Andrea Quercioli per avere scritto questo interessante testo...

 

Vincenzo.

 

 

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